Un’idea nata all’ultimo momento
Quando mi hanno contattato per il progetto Eau de Eau, mancavano pochi mesi alla presentazione ufficiale. A chiamarmi sono stati Max Papeschi e Arianna Bonucci, due artisti nel mondo dell’arte e della fotografia. Il tono era diretto, quasi urgente. C’era una bottiglia di profumo, c’era un messaggio potente dietro – una denuncia elegante sulla scarsità dell’acqua nel nostro futuro – ma mancava il dettaglio finale: il tappo mappamondo.
Non un tappo qualsiasi, mi dissero, ma un simbolo. Qualcosa che fosse all’altezza del significato dell’opera. E così ho detto sì, anche se il tempo era pochissimo. Ho accettato perché ho sentito che questo progetto non era solo estetico, ma profondamente etico.
Dovevo creare un gioiello simbolico
Fin dal primo istante ho capito che non potevo trattare questo tappo come un semplice elemento funzionale. Doveva parlare, doveva raccontare qualcosa. Non si trattava di chiudere una bottiglia, ma di aprire un pensiero.
Mi sono fatto subito una domanda: Se l’acqua fosse il nuovo lusso, come la confezioneremmo?
La risposta mi è venuta chiara: come un gioiello.
L’idea era chiara, il pianeta era il simbolo indiscusso, così ho immaginato il tappo come se fosse il culmine di un flacone prezioso. La realizzazione di questo elemento distintivo è stato un ragionamento complesso di progettazione, per capire quali elementi usare e come creare il miglior equilibrio tra dimensioni e luminosità. Oro per racchiudere acqua. Lusso per ciò che dovrebbe essere essenziale.

L’equilibrio tra design e provocazione
La bottiglia era già pronta, quindi non potevo partire da zero. Dovevo dialogare con quel design: un vetro minimalista, pulito, elegante. Il mio tappo doveva integrarsi, ma anche distinguersi. Volevo che attirasse lo sguardo, che lo dominasse, ma senza essere invasivo.
Mi sono confrontato con il team in modo veloce ma intenso. Ho chiesto fotografie, misure esatte, moodboard, materiali. Ho modellato il primo prototipo in digitale la notte stessa. Il giorno dopo avevo già in mente le proporzioni giuste.
Il rischio maggiore? Sforare nel decorativo. Ma sapevo che con l’oro 18 kt bastava poco per avere impatto. Perciò ho puntato sulla forma pura, senza fronzoli. La lucentezza del metallo avrebbe fatto il resto.
Produzione sotto pressione, ma con precisione
Non nego che la produzione sia stata una corsa contro il tempo. Ho attivato il mio laboratorio, ho scelto le tecniche più rapide ma precise. Abbiamo lavorato su una lega compatibile con la placcatura, testato le finiture, controllato ogni dettaglio. La lucidatura è stata maniacale. Non potevo permettere che il messaggio del progetto venisse rovinato da una lavorazione frettolosa.
L’ultima fase è stata la doratura lucida: un bagno in oro 18 kt che ha dato vita al pezzo. Quando l’ho tenuto in mano per la prima volta, ho capito che avevamo colto nel segno. Era elegante, denso di significato, provocatorio e perfettamente coerente con l’opera.
Il significato nascosto: oro e acqua
Mi piace pensare che il tappo racconti più di quanto sembri. L’oro, in fondo, rappresenta il potere, la ricchezza, la disuguaglianza. L’acqua, invece, è vita, purezza, diritto universale. L’acqua è il bene primario che dovrebbe essere gratuito e a disposizione per chiunque. Accostarli in un oggetto solo è un gesto forte. Mettere il metallo più desiderato a protezione dell’elemento più semplice è una provocazione silenziosa, ma profonda.
In un’epoca in cui tutto diventa merce, anche la sopravvivenza, questo tappo vuole far riflettere. È un monito. È un gioiello che non vuole decorare, ma denunciare.

Il mio orgoglio personale
Questo tappo non è il lavoro più complesso che abbia mai realizzato in termini tecnici. Ma è, senza dubbio, uno dei più significativi. Ho lavorato su anelli, collane, bracciali e gioielli molto complessi e articolati, ma qui ho dato la mia impronta in un progetto fantastico di Max Papeschi e Arianna Bonucci, due meravigliosi artisti.
Ho avuto la fortuna di entrare in un progetto già carico di energia, e ho potuto aggiungere la mia “firma”, il mio linguaggio, la mia materia. Questo tappo è diventato il punto di chiusura dell’opera, ma anche il suo inizio: perché è proprio lì che inizia lo sguardo dell’osservatore, e da lì parte la riflessione.
Uno sguardo verso il futuro: oltre il gioiello, verso il pensiero
Eau de Eau mi ha insegnato che anche il più piccolo dei dettagli può diventare portavoce di qualcosa di grande.
Proprio per questo motivo, oggi sento di voler mettere la mia esperienza e la mia sensibilità al servizio di progetti artistici e culturali che abbiano qualcosa da dire.
Sono aperto e disponibile a nuove collaborazioni, sia come project manager che come figura creativa, per dare forma – con rigore e passione – a oggetti che sappiano unire alta qualità, valore simbolico e impatto emotivo.
Chi desidera sviluppare idee fuori dagli schemi, che richiedono attenzione, tecnica e visione, può contare su un interlocutore attento, curioso e sempre pronto a trasformare un’intuizione in qualcosa di concreto, duraturo, significativo.
Perché il design non finisce nell’oggetto, ma continua a vivere nello sguardo di chi lo incontra.
